Circolazione dei Beni Culturali

LA TUTELA DEI BENI CULTURALE NEL DIRITTO COMUNITARIO
All’inizio degli anni novanta la Comunità (economica) europea si è interessata alla tutela del patrimonio storico-artistico dal punto di vista del controllo del traffico illecito dei beni culturali mobili. Infatti, se questi beni fossero considerati delle semplici “merci”, in ragione del loro valore economico, avrebbero potuto circolare liberamente in tutto il territorio comunitario, in applicazione del principio comunitario di libera circolazione, con il rischio della dispersione e dell’impoverimento dei patrimoni culturali degli Stati membri.
Così, alcuni Stati membri presero l’iniziativa, nel timore che l’instaurazione del mercato unico (il 1° gennaio 1993) e l’abolizione delle barriere doganali alla circolazione delle merci all’interno dell’area comunitaria, avrebbe consentito di trasferire illegalmente le opere d’interesse storico-artistico del proprio patrimonio nel territorio di un altro Stato membro o altrove, senza alcuna possibilità di controllo in uscita, eludendo la normativa di tutela dello Stato d’origine che ne vietava il commercio e l’esportazione.
Le istituzioni comunitarie tentarono allora un’armonizzazione delle legislazioni interne dei singoli Stati membri, che disciplinano diversamente le restrizioni al commercio dei beni culturali: agli Stati dell’Europa meridionale, quali l’Italia e la Grecia, dotati di legislazioni protezionistiche severe, si contrappongono gli Stati del Nord Europa, con una disciplina più liberale in materia, tanto da rappresentare un grosso mercato internazionale per la vendita di beni culturali altrui. A livello comunitario, prima fu intrapresa un’azione di sensibilizzazione, attraverso alcune risoluzioni del Parlamento Europeo, poi si intervenne sul piano normativo al momento dell’attuazione del mercato interno nel 1993.
L’intervento legislativo della Comunità europea si è orientato su due versanti: da un lato, verso la disciplina complessiva delle esportazioni dei beni culturali all‘esterno dell’area comunitaria, che ha portato all’emanazione del Regolamento (CEE) del Consiglio 3911/92 del 9 dicembre 1992 sull’esportazione dei beni culturali (di recente sostituito dal Reg. 116/2009) e, dall’altro, verso la disciplina della circolazione dei beni culturali all’interno del territorio comunitario, con laDirettiva (CEE) 93/7 del Consiglio del 15 marzo 1993 sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, che mira al reciproco riconoscimento delle legislazioni nazionali.
La normativa comunitaria è stata recepita nell’ordinamento italiano. Ora è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 (Decreto legislativo del 22-1-2004, n. 42), nella parte dedicata all’“esportazione dal territorio dell’Unione Europea” (artt.73-74) e alla “restituzione di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro dell’Unione europea” (artt.75-86).
L’ESPORTAZIONE DEI BENI CULTURALI SECONDO IL DIRITTO COMUNITARIO
Per mantenere il mercato interno si è reso necessario adottare regole uniformi per gli scambi con i Paesi terzi che potessero assicurare la protezione dei beni culturali grazie a controlli uniformi alle frontiere esterne della Comunità europea. Regole uniformi per la disciplina dell’esportazione dei beni culturali dagli Stati membri verso i Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea sono state introdotte con ilRegolamento CEE 3911/92, che si è rivelato uno strumento utile al fine di contrastare il traffico clandestino e la dispersione del patrimonio storico-artistico. Questo primo regolamento è stato di recente sostituito dal Regolamento CE 116/2009 del 18 dicembre 2008 (GUUE L 39 del 10.2.2009) entrato in vigore il 2 marzo 2009, il quale però non ha cambiato la sostanza della disciplina.
La disciplina comunitaria prevede che i beni culturali possono essere esportati verso un Paese terzo solo se muniti di un’apposita autorizzazione preventiva, denominata licenza di esportazione valida in tutta la Comunità. I beni culturali per i quali è necessaria la licenza d’esportazione sono quelli descritti per categorie nell’elenco dell’Allegato I al Reg. 116/2009, che corrisponde all’analogo Allegato A del Codice dei beni culturali e del paesaggio in vigore in Italia.
Le varie categorie di beni sono state determinate combinando variamente, per ciascun tipo di bene, l’antichità, il valore storico-artistico e quello monetario. Ad esempio: “quadri e pitture fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale” di valore superiore a 150.00 euro; “carte geografiche stampate aventi più di 200 anni” se di valore superiore a 15.00 euro; “elementi, costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi più di cento anni” qualunque ne sia il valore; “mezzi di trasporto aventi più di 75 anni” se il valore supera i 50.00 euro, tanto per citare alcune.
Il fatto che l’elencazione sia contenuta in un atto legislativo comunitario significa che le categorie di beni culturali che per uscire dal territorio comunitario devono avere la licenza d’esportazione sono le medesime per tutti gli Stati dell’area comunitaria, quindi ogni Stato esercita lo stesso tipo di controllo sulla fuoriuscita di tali beni dalle frontiere esterne dell’UE.
La licenza viene rilasciata sulla base di un formulario unificato che è lo stesso in tutta Europa, è valida per sei mesi e le sue caratteristiche sono specificate nel Regolamento d’applicazione fatto dalla Commissione europea (Reg. CEE 752/93 e successive modificazioni.). Naturalmente, la licenza sarà concessa solo se il bene per cui è richiesta rientri tra quelli “esportabili” indicati nell’allegato.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la legislazione nazionale specifica che in Italia competenti al rilascio della licenza di esportazione sono gliUffici di esportazione del Ministero per i beni e le attività culturali a ciò abilitati (art. 74, 2° e 5° comma del Codice dei beni culturali).
Infatti, lo scopo dell’introduzione della disciplina uniforme a livello comunitario per l’esportazione dei beni culturali è di fissare una base minima di protezione, in modo da garantire un controllo anche in quei Paesi in cui vige una disciplina piuttosto liberale del commercio delle cose d’arte: un bene protetto dalla normativa comunitaria (risultante appunto dall’Allegato al regolamento) avrà sempre bisogno della licenza per lasciare il territorio comunitario, anche se il bene stesso non è protetto dalla legge nazionale dello Stato da cui si procede all’esportazione. (ad es. un bene italiano trasportato in Inghilterra e qui presentato al locale ufficio di dogana per essere esportato in America dovrà comunque avere la licenza, anche se per gli inglesi non è considerato un bene culturale importante).
LA RESTITUZIONE DEI BENI CULTURALI RUBATI O ILLECITAMENTE ESPORTATI
La Direttiva (CEE) 93/7 del Consiglio del 15 marzo 1993 sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro si occupa della restituzione dei beni culturali appartenenti al patrimonio nazionale di uno degli Stati membri dell’UE.
Dal momento che il trasferimento (c.d. spedizione) di un bene appartenente al patrimonio storico-artistico di uno Stato nel territorio di un altro Stato membro può avvenire indisturbato anche quando la legge dello Stato di provenienza del bene lo vieti, la Direttiva ha introdotto una procedura uniforme di recupero di questi beni, stabilendo l’obbligo per ciascuno Stato membro di restituire quei beni culturali che risultino appartenere al patrimonio culturale di un altro Stato membro, quando quest’ultimo dimostri che essi sono fuoriusciti illecitamente dal suo territorio.
La Direttiva 93/7 offre a ciascuno Stato membro la possibilità di rivolgersi al giudice dell’altro Stato membro in cui il bene viene portato, a seguito di furto o di esportazione non consentita, per chiederne larestituzione. Per ottenere la restituzione è sufficiente che lo Stato richiedente dimostri che il bene è illecitamente uscito dal proprio territorio nazionale (in violazione delle leggi a tutela del patrimonio culturale) e che è qualificato, prima o dopo essere illecitamente uscito, tra i “beni del patrimonio nazionale aventi un valore artistico, storico o archeologico” in applicazione della legislazione nazionale, ai sensi dell’art. 30 del TCE (ora art. 36 NTFU). Da notare che la persona che nel frattempo ha acquistato la proprietà del bene e che è obbligata a restituirlo allo Stato di provenienza, ha diritto ad un rimborso nella forma di un equo indennizzo, solo se riesce a provare la propria buona fede, ossia il fatto di non sapere e non aver potuto immaginare la provenienza illecita del bene medesimo, altrimenti resterà a mani vuote.
Le norme italiane di recepimento della Direttiva CEE n. 93/7 sono contenute negli art. 75 ss. del Codice dei beni culturali.

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