Protezione Musei e Beni Culturali nelle situazioni di conflitto

La Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato contiene una lunga e articolata lista delle categorie di beni da proteggere dagli effetti devastanti della guerra.
Questa Convenzione ha il merito di aver introdotto per la prima volta una definizione di cosa debba intendersi per “beni culturali”.
L’art. 1 considera come beni culturali materiali, a prescindere dalla loro origine o dal loro proprietario:
  • i beni, mobili o immobili, di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i monumenti architettonici, di arte o di storia, religiosi o laici; i siti archeologici; i complessi di costruzioni che, nel loro insieme, offrono un interesse storico o artistico; le opere d’arte; manoscritti, libri e altri oggetti d’interesse artistico, storico o archeologico; nonché le collezioni scientifiche e le collezioni importanti di libri o di archivi o di riproduzioni dei beni sopra definiti;
  • gli edifici la cui destinazione principale ed effettiva è di conservare o di esporre i beni culturali mobili definiti precedentemente, quali i musei, le grandi biblioteche, i depositi di archivi, come pure i rifugi destinati a ricoverare, in caso di conflitto armato, i beni culturali mobili definiti al punto precedente;
  • i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali, definiti ai punti precedenti, detti “centri monumentali”.
La Convenzione del 1954 istituisce due modelli di protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato: la protezione generale e la protezione speciale, che garantiscono una sorta di ”immunità”. E’ previsto un segno distintivo ad hoc per identificare i beni protetti, uno scudo bianco e blu.
La protezione generale è estesa a tutti i beni culturali individuati sulla base della definizione contenuta nell’art. 1 della Convenzione stessa e impone la salvaguardia e il rispetto di tali beni e degli edifici dove sono conservati.
La salvaguardia implica l’impegno a predisporre, sin dal tempo di pace, la protezione dei beni culturali situati sul proprio territorio contro gli effetti prevedibili di un conflitto armato, prendendo tutte le misure che gli Stati ritengano appropriate (art. 3 Conv. 1954).
Il rispetto attiene all’obbligo degli Stati parti alla Convenzione, non soggetto a condizione di reciprocità (art. 4, par. 5) di rispettare tutti i beni culturali, situati sia sul proprio territorio che su quello degli altri Stati, astenendosi dall’utilizzazione di tali beni, dei loro dispositivi di protezione e delle loro immediate vicinanze, per scopi che potrebbero esporli a distruzione o a deterioramento in caso di conflitto armato, evitando ogni atto di ostilità. Si noti che già l’art. 27 del Regolamento allegato alla IV Convenzione dell’Aja del 1907 sulle leggi e gli usi della guerra terrestre prevedeva che: «Negli assedi e bombardamenti, debbono essere adottate tutte le misure necessarie per risparmiare, per quanto possibile, gli edifici consacrati ai culti, alle arti, alle scienze e alla beneficenza, i monumenti storici, (…) a condizione che essi non siano utilizzati nel contempo per scopi militari». Lo stesso è previsto in relazione al bombardamento ad opera di forze navali dall’art. 5 della IX Convenzione dell’Aja del 1907.
Il rispetto dei beni culturali impegna gli Stati anche a proibire, prevenire e a far cessare qualsiasi atto di furto, di saccheggio o di sottrazione di beni culturali sotto qualsiasi forma, nonché qualsiasi atto di vandalismo. Già l’art. 7 della IX Convenzione dell’Aja del 1907 stabiliva che: «È vietato sottoporre al saccheggio una città o località, anche se presa d’assalto».
L’obbligo di rispetto è inderogabile, tranne che in caso di necessità militare di carattere imperativo (imperative military necessity).
La protezione speciale è concessa dalla Convenzione dell’Aja del 1954 ad un numero limitato di rifugi destinati a proteggere dei beni culturali mobili in caso di conflitto armato, di centri monumentali e di altri beni culturali immobili di altissima importanza, a condizione che essi si trovino a distanza sufficiente da un grande centro industriale e da qualsiasi obiettivo che costituisca un punto sensibile e che essi non siano usati a fini militari (art. 8 ) e che siano iscritti nel «Registro internazionale dei beni culturali sotto protezione speciale. La procedura di iscrizione per la protezione speciale è lunga e complessa, talché non ha ricevuto grande utilizzo, sono iscritti soltanto la Città del Vaticano ed un limitatissimo numero di rifugi antinucleari per beni mobili. L’immunità di cui godono i beni culturali sotto protezione speciale, può essere sospesa unicamente nei casi eccezionali di necessità militare ineluttabile (unavoidable military necessity) e soltanto per il periodo in cui questa necessità sussista (art. 11, par. 2)
La Convenzione dell’Aja è completata da un Regolamento di esecuzione e da 2 Protocolli addizionali.
Il Primo Protocollo del 1954 è diretto ad impedire l’esportazione dei beni culturali dal territorio di un Paese soggetto a regime di occupazione bellica e ad assicurare la restituzione dei beni culturali trafugati alle autorità di tale Paese al termine delle ostilità; esso tratta per la prima volta del problema dell’acquisto in buona fede dei beni culturali trafugati, ma si è rivelato poco efficace.
Il Secondo Protocollo aperto alla firma il 26 marzo del 1999, oltre ad aver ribadito l’obbligo di proteggere tutti i beni culturali descritti nell’art.1 della Conv. del 1954, ha stabilito un nuovo modello di protezione: la protezione rafforzata. Affinché un bene culturale possa essere sottoposto a tale protezione, l’art. 10 del II Protocollo sancisce tre condizioni:
  • si tratti di un bene del patrimonio culturale che rivesta una grande importanza per l’umanità;
  • sia protetto da adeguate misure interne, giuridiche e amministrative, a testimonianza del suo valore culturale e storico eccezionale e che garantiscano il più alto livello di protezione;
  • non sia utilizzato a fini militari o a protezione di siti militari e la Parte, sotto il cui controllo si trova, confermi con una dichiarazione che non sarà a tal fine utilizzato.
La protezione rafforzata è garantita dopo l’inserimento di un bene nella “Lista dei Beni Culturali sotto Protezione Rafforzata ad opera del Comitato protezione dei beni culturali nei conflitti armati, istituito dal II Protocollo, che decide a maggioranza di quattro quinti dei membri presenti e votanti.
Il Secondo Protocollo prevede che determinate azioni, quali gli attacchi il furto e il saccheggio dei beni culturali protetti, costituiscono violazioni gravi e devono essere punite con pene appropriate (art. 15, par. 2).
L’Italia ha ratificato il Secondo Protocollo nel 2009 con Legge 16 aprile 2009 n. 45, dove è previsto che chiunque attacca un bene culturale protetto dalla Convenzione è punito con la reclusione da 4 a dodici anni, se poi il bene è sottoposto a regime di protezione rafforzata la pena può arrivare a quindici anni (art. 7). Anche l’esportazione illecita è punita con la reclusione

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