Legislazione

IL DIRITTO INTERNAZIONALE AL SERVIZIO DEL SISTEMA MUSEO
Alessandra Lanciotti
La necessità di tutelare i musei e le opere d’interesse storico-artistico predisponendo una speciale disciplina ha preso l’avvio nei singoli ordinamenti statali, per poi interessare gradualmente anche la Comunità internazionale. Tuttavia, solo a partire dal periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in considerazione del numero sempre crescente di distruzioni, furti, spogli ed esportazioni illecite di opere d’arte, varie istituzioni e organizzazioni internazionali si sono occupate della questione, predisponendo varie convenzioni internazionali sulla protezione dei beni culturali, sia mobili che immobili.
Secondo il diritto internazionale, ogni Stato è in linea di principio libero di disporre dei beni culturali e museali che si trovano sul suo territorio. Gli Stati maggiormente sensibili alla protezione del proprio patrimonio storico-artistico stipulano dei trattati con cui si assumono obblighi di cooperazione e assistenza reciproca ai fini della salvaguardia dei rispettivi patrimoni culturali.
Gli obblighi di protezione sanciti da questi trattati si configurano diversamente per i beni immobili, quali i musei, i palazzi storici e i centri monumentali e archeologici, e per i beni mobili, quali i reperti archeologici, le cose di interesse storico-artistico e le altre opere d’arte che – per loro natura - possono essere spostati e trasferiti, spesso  in modo illegale, dal territorio di uno Stato a quello di un altro.
Per gli immobili il diritto internazionale si preoccupa soprattutto di ottenere la collaborazione fra Stati per la conservazione e la valorizzazione nel luogo ove i beni sono situati (cd. in situ protection) e in particolare di proteggere quelli considerati patrimonio dell’umanità, perché di “eccezionale valore universale”.
Per i beni culturali mobili, invece, la preoccupazione principale risiede nell’impedire furti, spogli ed esportazioni illegali, che sono la causa dell’impoverimento del patrimonio culturale dello Stato d’origine, per arginare il traffico illecito si cerca di regolamentare con apposite convenzioni il regime di circolazione e il commercio internazionali. Di recente è anche entrata in vigore una Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale sommerso, la Convenzione UNESCO del 2001 che vieta la sottrazione e il commercio dei beni archeologici ritrovati in mare.
A questo proposito, la Comunità europea ha mostrato interesse alla tutela del patrimonio storico-artistico dei suoi Stati membri dal punto di vista del controllo del traffico illecito dei beni culturali mobili, sottraendoli al generale regime di libera circolazione delle merci, per evitare la dispersione e dell’impoverimento dei patrimoni culturali nazionali.  Il diritto dell’Unione europea si è orientato su due versanti: da un lato, verso la disciplina complessiva delle esportazioni dei beni culturali all‘esterno dell’area comunitaria, che ha portato all’emanazione del Regolamento (CEE) del Consiglio 3911/92 del 9 dicembre 1992 sull’esportazione dei beni culturali (di recente sostituito dal Reg. 116/2009) e, dall’altro, verso la disciplina della circolazione dei beni culturali all’interno del territorio comunitario, con la Direttiva (CEE) 93/7 del Consiglio del 15 marzo 1993 sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, che mira al reciproco riconoscimento delle legislazioni nazionali di tutela.
La normativa europea è stata recepita nell’ordinamento italiano. Ora è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 (Decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni), nella parte dedicata all’ “esportazione dal territorio dell’Unione Europea” (artt. 73-74) e  alla “restituzione di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro dell’Unione europea” (artt. 75-86).
Il nuovo Codice ha pure richiamato alcuni strumenti internazionali di cui l’Italia è parte.

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